L’adozione

“Non so se esistano le ali della farfalla, ma è la polvere che le fa volare.
Ogni uomo ha le piccole polveri del passato
 che deve sentirsi addosso e che non deve perdere ….
Sono il suo cammino”.
Alda Merini

….

 Quando un bambino viene adottato è importante per chi se ne prende cura, considerare la sua storia, poiché il piccolo ha di solito alle spalle un passato caratterizzato dall’abbandono.

Questo, pertanto, può produrre nella mente del bambino dei sentimenti di svalorizzazione verso di Sé, e verso gli altri, poiché la sua paura, potrà essere quella di essere abbandonato nuovamente, quella di non valere nulla, o comunque poco e pertanto non meritevole di cose belle.

Tuttavia, è essenziale non generalizzare, poiché ogni persona è unica nella sua individualità e nella sua storia di vita. Comunque è frequente ed ampiamente documento in letteratura psicoanalitica, che i bambini adottati esprimono le loro fantasie con domande  tipo: “perché mi hanno abbandonato i miei genitori?”, “perché non mi volevano più”, “sono stato cattivo?”. Queste domande sono presenti sia in bambini che hanno vissuto per un certo periodo di tempo in istituito, sia per coloro che appena nati sono stati adottati (Winnicott, 1984).

I genitori naturali quindi rivestono per il bambino una grande importanza, al di là dei precedenti rapporti che egli ha avuto con loro, poiché i genitori nella mente del bambino rappresentato un punto di riferimento nella costruzione della propria immagine di sé e delle relazioni con il mondo esterno.

Infatti, è opportuno che quando i bambini parlano del loro passato, il genitore adottivo gli lasci la possibilità di esprimere liberamente, senza critiche o censure, ciò che egli sente e prova, relativamente a ciò che ricorda della sua storia.

 Il genitore adottivo, invece, ha spesso alle sue spalle un passato anch’esso doloroso, dovuto magari alla sterilità o alla perdita di qualche precedente bambino.
Le loro domande sono spesso relative alle capacità genitoriali che possiedono, ovvero se la loro sia meno importante di quella naturale. Infatti, immaginano che qualsiasi cosa potranno fare per il piccolo non saranno mai come gli altri genitori. Ciò potrebbe farli sentire molto sensibili e fragili poiché certe volte si sentono messi in discussione come genitori capaci di crescere, amare e sostenere il proprio figlio.

Spesso il figlio adottivo sfida i genitori, li mette alla prova per sperimentare il loro amore.
Questo comportamento è tipico, perché il bambino ha bisogno di sapere fino a che punto loro lo ameranno, e se, in ogni caso, con tutte le parti cattive che sente di sé, lo accetteranno.

Durante la fase dell’adolescenza, un periodo caratterizzato da normali domande relative a se stesso, alla propria identità, al proprio potenziale, il ragazzo adottato ha curiosità riguardanti i genitori naturali. Questo a volte viene interpretato dai genitori  adottivi come un fallimento. In realtà non si tratta per il ragazzo di fare dei paragoni ma rappresenta la necessità e la possibilità di fare i conti con il proprio passato e con la propria storia, per poter investire nel futuro.

Nell’incontro tra le due storie (del bambino e della coppia), affrontare l’argomento dell’adozione diviene difficile perché l’adulto pensa che il vissuto del bambino sia molto più doloroso del loro, mentre il bambino teme di ferire il genitore e di non essere grato del loro amore.

È importante pertanto, integrare le due storie, integrare il passato ed il presente, sia per i genitori, sia per il bambino. Questo offre la possibilità di essere più consapevoli e di costruire quindi solide basi per il futuro.

 

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